Immagina di camminare sul Sentiero degli Dei con un sacchetto di biscotti secchi che non si sbriciolano, profumano di anice e raccontano storie di nonne che albeggiavano accanto al forno. Benvenuto ad Agerola, balcone panoramico sulla Costiera Amalfitana, dove il pane biscottato era il “cracker” dei pescatori e dove ancora oggi i forni di famiglia custodiscono ricette plurisecolari.
1. Radici storiche e culturali del pane biscottato
Dal latino “bis coctus”, cotto due volte, il biscotto nacque come pane da stivare a bordo delle tartane amalfitane. Resisteva all’umidità salmastra e sfamava i marinai per settimane. Ad Agerola, nodo di transumanza tra l’altipiano e i porti di Amalfi, i contadini ne ottimizzarono la ricetta: farina di grano duro locale, lievito madre e un secondo passaggio al forno a legna che lo trasformava in “tarallo agerolese”.
L’Ottocento vide l’esplosione dei forni “a cupola” lungo via Miracolo e via Roma. Oggi ne resistono una dozzina, spesso senza insegna luminosa: basta seguire l’aroma di finocchietto selvatico nelle vie in pietra basolato.
2. Itinerario gourmet: alla scoperta dei forni storici
Indossa scarpe comode: ecco un percorso di 4 km (andata-ritorno) che collega tre forni simbolo, tutti raggiungibili a piedi dalla piazza di Bomerano.
▲ Tappa 1 – Antico Forno Coppola (1890)
Lievito madre centenario, biscotti all’anice “da intingere nel latte”. Chiedi di Maria: ti racconterà di quando sua nonna usava un bastone di castagno per “pungere” la crosta e far circolare il calore.
▲ Tappa 2 – Forno Pane & Tamburi (1924)
Famoso per il “biscotto da viaggio” alto 3 cm che i trekker del Sentiero degli Dei portano nello zaino. Provalo con provolone del Monaco e pomodorini del piennolo: esplosione campana.
▲ Tappa 3 – Panificio Fratelli D’Acunto (1951)
Qui il pane biscottato diventa “biscotto mandorlato” arricchito con mandorle di Montoro. Assaggia la versione dolce spolverata di zucchero di canna.
Tip locale: spezza il biscotto, bagnalo sotto la fontana di piazza Paolo Capasso e farciscilo al momento con fiordilatte agerolese. È la merenda dei pastori!
3. Curiosità e errori da evitare
- Non confondere il biscotto agerolese con la fresella napoletana: quest’ultima ha la scanalatura per il pomodoro, il biscotto no.
- Sfoglia il biscotto con le mani, mai a morsi: potresti scheggiare un dente se è molto secco.
- Conservazione ideale: in barattolo di latta, non in plastica (rischio muffe).
- Il vero biscotto non contiene uova né zucchero, diffida delle versioni “light” in busta.
4. Interviste “al banco”
«Quando ero piccola, il forno era la nostra sveglia: alle 4 del mattino la fiamma accesa illuminava la strada. Oggi continuo la tradizione, impastando con lo stesso lievito madre del 1890.»
— Maria Coppola, terza generazione di fornai
«Porto sempre i biscotti nello zaino: non si sgretolano come il pane e, dopo tre ore di trekking, sono ancora croccanti come appena sfornati.»
— Luca, guida escursionistica Sentiero degli Dei
Domande Frequenti
I biscotti Agerola sono vegani?
Sì, la ricetta tradizionale prevede solo farina, acqua, sale, lievito madre e semi di finocchio o anice.
Quanto si conservano?
Ben chiusi in latta si mantengono croccanti fino a 3 mesi.
Posso ordinarli online?
Alcuni forni, come Coppola, spediscono in tutta Europa su richiesta e confezionano in sacchetti biodegradabili.
Come si ammollano correttamente?
Immergili 3 secondi in acqua o latte, poi condiscili; non serve cuocerli di nuovo se sono di giornata.
Tra le pieghe calcaree dei Monti Lattari, Agerola conserva un patrimonio fragrante che sa di brace, anice e mani impastate all’alba. Infilare un biscotto di Agerola nello zaino significa portare con sé un pezzo di storia contadina capace di affrontare le onde, i tornanti e i chilometri dei cammini moderni. Un morso croccante che unisce generazioni.