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Procida, isola dell’Amore

Procida è un’isola tra le più belle e caratteristiche, ricca di colori, di tradizione, di suggestivi scorci panoramici, di storia e di leggende. Appena un mese fa è stata proclamata Capitale della Cultura 2022, arrivando in finale con Ancona, Bari, Cerveteri , L’Aquila , Pieve di Soligo (Treviso), Taranto , Trapani , Verbania Lago Maggiore e Volterra.

Rispetto a tante altre isole, Procida ha conservato un fascino particolare,  per aver saputo mantenere quasi inalterata la  sua identità mediterranea, tanto da essere stata in passato ed anche tutt’oggi luogo di ispirazione per scrittori, poeti, artisti e registi.

Proprio da una storia autobiografica narrata da uno scrittore e poeta francese, Procida viene considerata l’isola dell’Amore.

Graziella

Il poeta e scrittore Alphonse De Lamartine (Mâcon, 21 ottobre 1790 – Parigi, 28 febbraio 1869), durante un viaggio in Italia approdò a Procida dove rimase folgorato dalla bellezza e dalla semplicità di una giovane isolana. La giovane si chiamava Graziella ed era la nipote di uno dei pescatori dell’isola. L’amore tra il poeta e la giovane isolana nacque sullo sfondo romantico dell’isola, ma per una serie di vicissitudini, i due non riuscirono a vivere il loro amore.

Dalla storia d’amore vissuta da Lamartine ne uscì fuori il romanzo “Graziella”  nel quale viene raccontata la storia d’amore con la bella procidana.

La Sagra del Mare

Dal 1939, ogni anno, in estate, a Procida si celebra la Sagra del Mare per ricordare Graziella, la ragazza procidana che si innamorò del poeta francese. Ogni anno viene cercata nel volto della ragazze procidane (in età compresa tra i 14 e i 21 anni) la bellezza mediterranea di Graziella.

Le ragazze per l’occasione indossano preziosi abiti antichi – il tipico costume procidano particolarmente sfarzoso e quindi poco probabile dal punto di vista storico, essendo Graziella una ragazza di umili origini.

La vincitrice non viene scelta solo in base a canoni estetici, ma anche morali. La Graziella, infatti, non deve possedere solo evidenti tratti mediterranei, ma deve essere profondamente legata al mare e al suo uomo.

Graziella attese tutta la vita Lamartine che, dopo il loro incontro, ripartì per la Francia con la promessa di tornare a Procida. La promessa non fu mantenuta e Graziella, prima di morire scrisse una lettera al poeta nella quale comunicava il suo stato di salute che, purtroppo, non le avrebbe dato scampo, e chiese di non essere dimenticata mai. In suo ricordo e in segno di amore eterno, nella lettera, Graziella inserì una delle sue trecce. Lamartine conservò gelosamente quella lettera e il ricordo di quell’amore che non ritrovò mai più, in nessun’altra donna.

Oltre Alphonse De Lamartine tanti altri scrittori, artisti e registi hanno trovato tra le stradine assolate di Procida la loro ispirazione come Elsa Morante che, nel 1957, ambientò a Procida il suo celebre romanzo “L’isola di Arturo” e più recentemente Lorenzo Marone che in uno dei suoi ultimi romanzi descrive alla perfezione il silenzio delle ore calde dopo pranzo, lo stile di vita degli isolani, l’architettura tipicamente mediterranea, il fascino delle cose immutate nel tempo.

Sull’isola sono stati girati anche tantissimi film, tanto che passeggiando tra le stradine si possono scorgere le location di tantissime pellicole come “Plein Soleil” con Alain Delon, “Francesca e Nunziata” con Sofia Loren e Giancarlo Giannini, “Il Postino” con Massimo Troisi e Philippe Noiret, “Il Talento di Mr Ripley” con Matt Demon solo per citare quelle più recenti.

Garum e colatura di alici

Il 2021 è l’anno della consacrazione della Colatura di Alici di Cetara DOP. Lo scorso ottobre, infatti, si è concluso l’iter che ha portato all’approvazione del prestigioso riconoscimento.

Occorrono minimo nove mesi di maturazione delle alici nei terzigni e nelle botti di legno per ottenere il prezioso liquido ambrato e ciò significa che l’arrivo sugli scaffali della Colatura di Alici di Cetara versione DOP avverrà proprio durante quest’anno.

Una lunga storia

La colatura di alici di Cetara ha origini antichissime. Il prodotto, in realtà, veniva chiamato con un altro nome, ma le affinità con il condimento dei nostri giorni sono davvero tantissime.  Gli antichi greci la chiamavano “Garon” da “garos” (alici); gli antichi romani, invece, la chiamavano “Garum”.Già negli scritti di Plinio si parla del Garon (o Garo) come di una prelibatezza senza eguali.

Nei pantagruelici pranzi degli antichi romani, il Garum non doveva mai mancare. Il liquido veniva conservato in anfore e veniva utilizzato per condire principalmente piatti a base di carne e di verdura.

Esistevano, in epoca romana, diverse produzioni. Quella di maggior pregio era sicuramente il “Garum excellens” ottenuto dalle alici e dalle ventresche di tonno.

Furono però alcuni monaci che predicavano in costiera amalfitana a lavorare le alici e a ricavarne quella che poi divenne la colatura. Il successo del prodotto fu immediato. La voce sulla sua bontà si diffuse rapidamente presso gli abitanti dei paesi vicini e presso gli altri conventi. Nacquero così tante piccole produzioni casalinghe. Ma inizialmente si trattava di una salsa, non di un liquido. Solo successivamente si capì che filtrando la salsa si poteva ottenere un prodotto ancora più pregiato. Ebbe così origine la colatura di alici di Cetara.

Colatura di alici, dalle case dei pescatori ai ristoranti stellati

Il prezioso liquido dal colore ambrato e dal sapore forte e deciso  è uno dei presidi Slow Food. In passato la colatura di alici di Cetara  veniva utilizzata nelle case dei pescatori per condire gli spaghetti, al posto delle vongole veraci.

Negli anni il prodotto ha avuto diverse occasioni di riscatto e dalle case dei pescatori, anche grazie alla sua versatilità, è finita tra i fornelli degli chef stellati.Offre collane da donna popolari come ciondoli, girocolli e collane a catena. Acquista gioielli in una varietà di metalli e pietre preziose adatti a ogni occasione

La colatura d’alici viene utilizzata soprattutto come condimento della pasta, ma anche per insaporire altre pietanze come la scarola per la pizza ripiena o altre verdure saltate in padella con olio, aglio e peperoncino, come broccoli, bietole, spinaci. Da molti viene utilizzata anche come condimento per pomodori, olive e uova. Ne bastano poche gocce per trasmettere alle preparazioni un sapore davvero unico.

Se pensate di trascorrere una vacanza in Costiera Amalfitana avete la possibilità non solo di sedervi a ristorante e gustare un piatto di spaghetti condito con la colatura, ma anche quella di visitare i laboratori artigianali dove viene prodotta e venduta la colatura di alici di Cetara. Un modo per conoscere meglio la storia, il procedimento per la preparazione e l’utilizzo del prodotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ nato il Distretto Agroalimentare di Qualità del Limone Costa d’Amalfi IGP

Imprenditori agricoli locali, Coldiretti Salerno, Consorzio di Tutela, Parco dei Monti Lattari, Piccoli Campi e OP Costieragrumi, questi i soggetti che si sono uniti perché il sogno di valorizzazione, tutela e sviluppo del Limone Costa d’Amalfi diventasse una realtà.

limone costa d'amalfi IGP

Obiettivo la tutela del Limone Costa d’Amalfi IGP 

“Coinvolgere le imprese agricole dei tredici comuni e rafforzare la competitività è tra gli obiettivi del distretto. Come Parco Regionale dei Monti Lattari non potevamo che aderire con entusiasmo ad un progetto che diventa chiave per la Costa d’Amalfi”. ha detto Tristano Dello Joio, Presidente del Parco Regionale dei Monti Lattari  –“Si tratta di un risultato importante che ci permette di proseguire e potenziare il lavoro svolto fino ad oggi, il prossimo passo sarà anche l’aggiornamento del Piano di Distretto“.

Tra i compiti del nascente Distretto Alimentare ci sono anche:

  • la promozione di iniziative nell’ambito del settore agricolo, zootecnico, turistico, storico-culturale, ambientale, enogastronomico, nell’interesse comune dei consorziati.
  • il monitoraggio e l’aggiornamento del Piano di Distretto.
  • l’istituzione di opere che favoriscano il miglioramento della fruibilità delle risorse generate dalle filiere agroalimentari, nonché in generale per la promozione e lo sviluppo socio-economico dell’area del Distretto.

Prodotto d’eccellenza

Il “Limone Costa d’Amalfi” IGP è un prodotto di eccellenza dalle caratteristiche molto pregiate: aroma e profumo intensi grazie alla ricchezza di oli essenziali e terpeni (carattere ritenuto di pregio per la produzione del liquore di limoni), polpa succosa e moderatamente acida, scarsa presenza di semi. Da studi rcondotti dall’Università degli Studi di Napoli Federico II si è venuti a conoscenza che questa varietà di limone è tra le più ricche in assoluto in acido ascorbico (vitamina C).

La Cassa Armonica, gioiello e vanto di Castellammare di Stabia

Di indiscussa eleganza, in stile liberty di ispirazione ispano-moresca, si erge sontuosa in Corso Giuseppe Garibaldi, in un tratto della Villa Comunale della Città delle Acque. Gioiello architettonico e vanto della città di Castellammare di Stabia, la Cassa Armonica è un elemento di arredo urbano di grande attrattiva, nato come “chiosco della musica”, per ospitare cioè concerti e spettacoli musicali all’aperto.

La storia

Progettata dall’ingegnere Eugenio Cosenza, fratello del noto archeologo Giuseppe Cosenza, il padiglione fu consegnato al Comune di Castellammare di Stabia il 28 Aprile del 1900.

Nel 1909 andò distrutta a seguito di una libecciata. Nel 1911 fu ricostruita (l’incarico fu affidato allo stesso ing.Cosenza), ma ne venne abbassata l’altezza, ne vennero addolcite le forme e soprattutto venne realizzato uno sfiatatoio in cima affinché, evitando l’effetto “vela”, resistesse alle intemperie.

Anche a causa di atti vandalici, negli anni sono stati necessari ulteriori restauri come quello effettuato nel maggio del 1987.

Che cos’è una Cassa Armonica?

La funzione della Cassa Armonica è quella di amplificare i suoni e potenziare la qualità acustica dei concerti all’aperto. In quella stabiese, al di sotto del piano di calpestio è posta una campana acustica che, insieme alla particolare conformazione degli elementi di copertura, garantisce una resa musicale eccellente, ampia e precisa.

Purtroppo, con il tempo, tale capacità è andata assottigliandosi, ma la Cassa Armonica di Castellammare di Stabia ha ospitato, nel corso degli anni musicisti ed orchestre di valore nazionale ed internazionale.

Entro quest’anno potrebbe essere aperto il cantiere per un nuovo restauro della Cassa Armonica al fine di restituirle la sua originaria funzione e la sua dignità dal momento che necessità anche di un restyling strutturale.

Sarà una  grande gioia vedere la Cassa Armonica magnifica come un tempo, con le sue scalinate in marmo, le sue dodici colonnine, gli archi e gli arabeschi in ferro battuto, i suoi meravigliosi vetri policromi e il suo piano di calpestio nuovamente popolato da prestigiose orchestre, cori e solisti.  Uno strumento di grande attrattiva per la città che richiama alla mente un’epoca di grande splendore di cui l’intera area vesuviana necessità di riscoprire e rivivere.

 

 

 

 

Piennolo, spongilli, presepi e leggende

Avete fatto il presepe? Il Bambinello, San Giuseppe, la Madonna, il Bue, l’Asinello, i Magi, Benino, la stella cometa e il piennolo.

Sì, a Napoli e dintorni nel presepe ci va anche il piennolo, il caratteristico grappolo di pomodorini del Vesuvio (spongilli), uno dei prodotti più antichi e tipici dell’agricoltura campana, D.O.P. dal 2009.

Appeso fuori alla bottega del pizzicagnolo o sul balcone dove una donna stende i panni o abbassa il paniere, il piennolo è un elemento che non manca mai nelle rappresentazioni della nascita di Gesù.

Che cos’è il piennolo?

Con il termine di Piennolo si indica il grappolo di pomodorini del Piennolo del Vesuvio DOP che viene conservato appeso con fili di spago a pareti o soffitti. “Piennolo” deriva appunto da “pendolo”.

Si tratta di un prodotto unico di colore rosso vivace, dalla buccia spessa e dalla polpa soda e compatta. Sono pomodorini che non danno molto sugo perché  crescono sui terreni aridi del vulcano dove il sole li prosciuga conferendo loro unicità. Questa particolare varietà di pomodoro, infatti, può essere coltivata solo ed esclusivamente alle pendici del Vesuvio.

Conservati con la tecnica del piennolo i pomodorini si conservano per quasi un anno. Vengono, infatti, raccolti dai campi all’inizio dell’estate, per poi formare con essi dei grossi grappoli. Appesi in locali con adeguata temperatura e umidità, i grappoli di pomodorini si conservano fino all’inverno o addirittura fino alla primavera successiva.

Da prodotto contadino a prodotto gourmet

Negli ultimi anni, il Pomodorino del Piennolo che da sempre era stato semplicemente l’elemento principe degli spuntini dei contadini i quali durante le pause nei campi usavano schiacciarlo sul pane condendolo con un  filo d’olio, sale e basilico, è diventato un prodotto ricercato e gourmet.Sfoglia i nostri occhiali sponsorizzati dai partner, con una varietà di opzioni per soddisfare ogni gusto e budget, disponibili per l’acquisto online

Si è riscoperto il valore del prodotto e soprattutto che la tecnica di conservazione è tra le più salutari. Per la sua versatilità, il pomodorino del Vesuvio si adatta ad una moltitudine di preparazioni. Sono ottimi da soli, in insalata, sulla pizza, insieme alla pasta e ad altre preparazioni a base di pesce.

Le leggende legate al piennolo

Al piennolo sono legate anche alcune leggende. Una riguarda il suo colore vivace. La leggenda narra che il suo colore “ardente” sarebbe opera del Vesuvio, poiché le sue radici si nutrirebbero della lava del vulcano.

Un’altra leggenda narra che Lucifero creò Napoli servendosi di un pezzo del Paradiso, ma il suo tocco rese infertili i terreni. Gesù, dispiaciuto per quanto accaduto, iniziò a piangere. Le sue lacrime caddero sulle pendici del Vesuvio, rendendo l’arida terra vulcanica fertile e produttiva. Su quelle pendici nacquero i vigneti del Lacryma Christi e tutte le altre produzioni tipiche dell’area vesuviana così come quella degli “spungilli.”

Oggi con abiti di lusso

Oggi il piennolo, confezionato in maniera elegante (scatole di velluto e/o trasparenti, grafiche ben studiate)  è uno dei regali maggiormente apprezzati durante le festività natalizie.

 

 

 

 

 

 

 

 

Scoglio di Rovigliano, tanto piccolo, ma tanto ricco di storia

Nel Golfo di Napoli, al confine tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia, alla foce del fiume Sarno, si erge un piccolo isolotto che custodisce grandi storie. Si tratta dell’Isolotto di Rovigliano, meglio conosciuto come Scoglio di Rovigliano.

Lo Scoglio di Rovigliano ha una struttura geologica simile a quella dei Monti Lattari. L’ipotesi più accreditata è che l’isola sia la cima di un’antica montagna sprofondata a seguito della collisione della placca africana con quella euroasiatica.

Scoglio di Rovigliano: Miti e leggende

Allo Scoglio di Rovigliano sono legati diversi miti e leggende. La leggenda più nota è sicuramente quella di Ercole, secondo la quale l’eroe greco, di ritorno dalla Spagna, prima di fondare le città di Ercolano e Stabiae, avrebbe staccato la cima del monte Faito, scagliandola in mare. La cima di Monte Faito dunque sarebbe l’isolotto di Rovigliano sul quale sono ancora oggi presenti i resti di un tempio dedicato ad Ercole.

Singolare è anche la storia del fantasma di Donna Fulgida. Si narra che quando l’Italia meridionale fu invasa dai Longobardi,  le truppe di soldati giunte a Torre Annunziata furono quelle guidate dal Conte Orso, condottiero che aveva preso in sposa la bellissima Donna Fulgida.

Il Conte, insieme alla moglie e al figlio Miroaldo trovarono alloggio nel castello che si ergeva sull’isolotto di Rovigliano.

Un giorno però giunsero nel Golfo di Napoli quattro navi saracene che sconfissero le truppe guidate dal Conte. Il Conte fu ferito ed impiccato. Il figlio Miroaldo fu catturato e fatto schiavo. Donna Fulgida, che aveva tentato di difendere il marito facendogli scudo con il proprio corpo, venne trafitta da una lancia e lasciata morire sugli scogli.

La leggenda vuole che lo spirito di donna Fulgida ogni notte vaghi per gli scogli di Rovigliano cercando invano il suo sposo e suo figlio. Durante le sue apparizioni uno stormo di gabbiani le volerebbe intorno come in una sorta di macabra danza.

La storia più recente

L’origine del nome “Rovigliano” potrebbe essere attribuita al nome di una famiglia romana oppure al console Rubelio, proprietario dell’isolotto. Secondo altre interpretazione, invece, il termine potrebbe derivare da una leguminosa molto simile alla cicerchia che un tempo cresceva abbondante nella zona.

Nel corso dei secoli il castello dello Scoglio di Rovigliano ha visto numerosi cambi di destinazione: residenza privata, monastero, fortezza. Nel 1861, con l’avvento dell’Unità d’Italia, lo Scoglio venne ceduto al demanio e successivamente venduto a privati.

Tra gli anni 40/50 i coniugi Raffaele Malafronte e Francesca Iovene, capostipiti della famiglia Malafronte installarono sullo Scoglio le prime palafitte di quello che sarebbe diventato il rinomato stabilimento balneare Bagno Nuovo Rovigliano.

Oggi l’isolotto è completamente disabitato, ma anche nello stato di abbandono in cui si trova, per la singolarità delle storie ad esso legate ed anche per la sua posizione geografica, rappresenta un prezioso scrigno che ben si affianca alle più celebri isole del Golfo di Napoli Capri, Ischia e Procida.

Baia della Regina Giovanna, un suggestivo e spettacolare tuffo nella storia

Baia della Regina Giovanna – A Capo Sorrento, si trova una baia quasi interamente circondata dalla scogliera, collegata al mare solo da un’insenatura nella roccia, un arco naturale da cui passano i raggi solari.  Racchiuse tra le scogliera, le acque color smeraldo di questa baia costituiscono una vera e propria piscina naturale. Oltre alle bellezze naturali, la baia è anche un suggestivo sito archeologico dal momento che nel 2.000 a C. era frequentata dagli antichi romani. Sul promontorio, infatti, si ergono i resti di un’antica villa romana del I sec. a.C. (Villa Pollio Felice, illustre esponente di una nobile famiglia di Pozzuoli) i cui ruderi possono essere visitati raggiungendo la struttura sia da terra che da mare. Stiamo parlando della Baia della Regina Giovanna.

Bagni della Regina Giovanna, un’immersione tra storia e leggenda

La spettacolare baia prende il nome da Giovanna d’Angiò che tra il 1371 ed il 1435, pare amasse trascorrere in questo luogo la sua villeggiatura. Voci di popolo, ma anche numerose fonti storiche riferiscono che la sovrana amasse particolarmente quel posto non solo per le bellezze naturali, ma anche perché quel luogo paradisiaco le offriva la possibilità di incontrarsi ed appartarsi con i suoi numerosi amanti.

Si racconta, infatti, che la regina napoletana amasse intrattenersi nuda in queste acque in compagnia dei suoi giovani amanti. Ma la sovrana non era solo focosa, era anche spietata e come una mantide religiosa, dopo aver dato sfogo alla sua libidine, si liberava dei suoi amanti gettandoli dalla scogliera.

Come raggiungere i Bagni della Regina Giovanna

I Bagni della Regina Giovanna sono raggiungibili via terra percorrendo un sentiero che parte da Capo di Sorrento. Una piacevole passeggiata di circa 15/20 minuti  che conduce ad una scogliera a picco sul mare, dove si ergono i resti dell’antica villa. La baia è raggiungibile attraverso una piccola scalinata.

Il panorama è mozzafiato e il luogo è piuttosto suggestivo, oltre che incantevole, ma occorre procurarsi delle scarpette di gomma, perché dinanzi a quelle acque così cristalline sarà impossibile non immergersi ed il fondale è costituito prevalentemente da ciottoli.

Pur essendo abbastanza appartata la spiaggia, soprattutto in piena estate, accoglie numerosi bagnanti, desiderosi di immergersi in quelle acque fresche e trasparenti e godersi uno dei panorami più belli del golfo, che includono Napoli e le isole Capri, Ischia e Procida.

Naturalmente la baia è raggiungibile anche via mare e se non si dispone di un’imbarcazione privata, esistono diversi tour tra i quali poter scegliere, da quelli adatti agli sportivi che includono l’attività di snorkeling a quelli più romantici come una crociera al tramonto con happy hour.

Pane, Amore e…

Nel 1955, presso la baia della Regina Giovanna sono state girate le scene del film “Pane, Amore e…”.La Baia, infatti, nel film è il luogo dell’incontro clandestino tra Sophia Loren e Vittorio De Sica. Le altre scene del film sono state girate in penisola sorrentina, in particolare a Marina Piccola di Sorrento.

 

“Fratiell e surelle”, un’antica tradizione stabiese

Non tutti conoscono un’antichissima e singolare tradizione stabiese. Si tratta di “Fratiell e surelle”, un atto di fede nei confronti della Immacolata Concezione che si tramanda di generazione in generazione.

Fratiell e surelle “‘o Rusario ‘a Madonna! ogge è ‘a primma stella d’ ‘a Madonna”

Ogni anno, a partire dal 26 novembre, per 12 giorni consecutivi, fino all’8 dicembre, in diversi rioni stabiesi si sente riecheggiare, alle prime ore del mattino, un canto che altro non è che una novena alla Vergine Maria.

Ad ogni sorgere del sole, il cantore, accompagnato da un piccolo corteo,  intona un antico canto in cui i giorni vengono chiamati “stella” (probabilmente in riferimento alle stelle della corona indossata dalla Vergine Maria).

“Fratiell e surelle,‘o Rusario ‘a Madonna! ogge è ‘a primma stella d’ ‘a Madonna!” (Fratelli e sorelle, il Rosario alla Madonna, oggi è la prima stella della Madonna) è il canto intonato il primo giorno e poi, “a seconda stella, a terza stella” e così via fino ad arrivare al giorno dell’Immacolata in cui il canto inizia così:

“Fratiell e surelle,‘o Rusario ‘a Madonna! Ogge è ‘o nommo bello d’ ‘a Madonna!” (Fratelli e sorelle, il Rosario alla Madonna. Oggi è il giorno in cui ricorre il nome della Madonna).

Origini di Fratiell e surelle

Si narra che questo atto di fede nei confronti della Madonna sia nato dal voto fatto da un pescatore (tale Luigi detto “Chiavone”) rimasto incappato in mare a causa di una furiosa tempesta. Il pescatore, unico superstite dell’equipaggio, temendo di morire, promise alla Vergine Immacolata che se gli avesse salvato la vita, le avrebbe dedicato ogni anno una Novena.

Grossi falò

Oltre al canto, la sera del 7 dicembre, il giorno della vigilia della festa dell’Immacolata Concezione, in diversi quartieri di Castellammare di Stabia era usanza (negli ultimi anni è stato vietato) accendere grossi falò perché sempre secondo la tradizione, fu grazie alla presenza dei fuochi sulla costa che il marinaio riuscì a raggiungere la terraferma.

Secondo un’altra versione, invece, i fuochi richiamerebbero il falò che venne acceso sulla spiaggia per riscaldare il marinaio infreddolito miracolosamente  scampato alla tempesta.

Fratiell e surelle: Il valore della gratitudine

Fratiell e surelle è la voce di un popolo, di una città che nonostante le ferite inferte, continua ad avere fede, continua ad avere la speranza di un futuro migliore e soprattutto che conosce il valore della gratitudine.

Negli ultimi anni però, in merito a questa antica tradizione sono sorte numerose polemiche. I cittadini stabiesi non rinnegano la tradizione, ma lamentano il fatto che a risvegliarli non è solo ed esclusivamente il canto, ma il frastuono di petardi e degli strumenti di bande musicali di paese, elementi aggiunti negli anni dagli organizzatori delle novene di quartiere.

Petardi e bande musicali alle 4 del mattino, beh! una vera sfida per la pazienza di tanti. Siete d’accordo?

 

San Catello di Castellammare di Stabia

San Catello di Castellammare di Stabia: il patrono dei forestieri

Statua di S. Catello custodita nella concattedrale di Castellammare di Stabia

San Catello di Castellammare di Stabia – La città delle acque può vantare di avere come patrono cittadino un Santo celebrato solamente a Castellammare: San Catello.

Annualmente, la festa dedicata al Santo cade il 19 Gennaio, poi ripetuta la seconda domenica di Maggio. (clicca qui per leggere l’articolo sull’evento festivo)

San Catello

Catello fu un vescovo della diocesi di Stabia vissuto intorno al VI-VII secolo d.C., anche se il suo inquadramento in una determinata fascia storica risulta difficili a causa della mancanza di fonti storiche ben accertate.

Ciò che si possiede sono racconti tramandati oralmente o visivamente in quanto la vita del Santo nella cittadina stabiese veniva messa in scena tramite alcune opere teatrali a volte condite da eventi mai accaduti.

Il nome del vescovo compare per la prima volta in un’opera “Vita Sancti Antonini Abatis Surrentini” scritta dal cosiddetto Anonimo Sorrentino; un monaco benedettino di Sorrento. L’anonimo, vissuto nel IX secolo d.C., racconta i fatti legati al vescovo (non ancora Santo) come se fossero già successi da tempo e vengono citati, come inquadramento storico i Longobardi. Un altro dato è che all’epoca dell’Anonimo, l’Oratorio di San Michele (secondo la tradizione qui si raccolsero i santi Catello e Antonio in preghiera) era il secondo per importanza in Italia dopo quello di Gragnano.

Catello sembrerebbe avere nobili origini, ma è tradizione dare nobili natali ad ogni Santo. Il vescovo è considerato il protettore dei forestieri, questo perché durante l’invasione longobarda, la città di Stabia insieme ai villaggi del circondario, a differenza di Napoli non possedevano delle mura di protezione; il vescovo accolse nella città delle acque anche la popolazione delle zone limitrofe per poi portare tutti i rifugiati sul Monte Faito ( prima chiamato con il nome di Gauro o Aureo). Durante questo episodio Catello conosce quello che poi diventerà San Antonio, un monaco Benedettino. Questo episodio può essere datato tra il 568, anno dell’arrivo dei Longobardi, ed il 591 anno in cui i Benedettini arrivano sull’isola di Ischia.

Mentre si trovavano sul Monte Faito si ritirarono in  preghiera in un anfratto poi denominata Grotta di San Catello.

Secondo una delle leggende legate al vescovo, durante la notte in sogno a Catello e ad Antonio,, mentre si trovavano sul Monte, apparve l’Arcangelo Michele che ordinò loro di costruire una struttura in suo nome, i due videro ardere un cero sulla vette del Molare e lì edificarono l’oratorio.

Probabilmente lì sorgeva un tempio pagano dove vi era una pozza d’acqua oggetto di culto, infatti i Benedettini erano soliti costruire su un tempio non cristiano in cima ad un monte.

Catello fu accusato di stregoneria e condotto a Roma, forse da una persona a lui vicina o dai bizantini stessi che non accettavano il fatto che si fosse rifugiato in montagna insieme alla popolazione senza proteggere la città.

Giunto a Roma fu carcerato e venne affidato a un prelato, il vescovo stabiese predisse a costui il pontificato. Questi divenne papa Gregorio Magno e salito al massimo potere della chiesa liberò Catello. Secondo le fonti storiche invece Catello fu chiamato a Roma per discutere sui fatti riguardanti l’invasione longobarda visto che stabia possedeva un ottimo porto e un punto strategico da cui avvistare i nemici, appunto il Monte Faito.

Santuario/Oratorio di San Michele

Infatti, durante questo incontro fu deciso di ricoprire il tetto dell’Oratorio di San Michele da lastre di piombo in modo da essere visto da lontano dai longobardi che provenivano dal mare e fu dedicato a San Michele per una questione strategica. Difatti,  i Longobardi pur essendo pagani, avevano rispetto e timore di San Michele perché ne avevano conosciuto la storia; quindi non avrebbero mai attaccato una città su cui sorgeva un tempio ad esso dedicato.

La tradizione vuole che Catello sia morto il 19 Gennaio, in realtà non si conosce la data esatta della sua morte né il luogo dove furono sepolte le sue spoglie. Si suppone che il corpo sia stato sepolto sul Monte Faito, luogo caro al vescovo o presso lo scoglio di Rovigliano oppure nella grotta di San Biagio; altri ipotizzano che fu inumato in uno dei tanti sepolcri stabiesi. Nel primo luogo non è stato trovata nessuna evidenza archeologica ricollegabile al Santo, il secondo non è stato opportunamente indagato.

Il Culto di San Catello

Catello divenne Santo tra la fine del VI e il VII secolo, confermato poi dalla Congregazione dei riti il 13 settembre 1729.

Il culto di San Catello in Italia è venerato solo a Castellammare di Stabia, e fuori dalla Nazione nella chiesa di San Michele a New York.

La tradizione vuole che un cranio, recante sulla fronte un’incisione del nome del santo in lingua longobarda, fu custodito all’interno della chiesa di Gesù e Maria, a Castellammare di Stabia; ma se ne sono perse le tracce.

Si racconta che dalla reliquia perduta del cranio venisse raccolto un liquido profumato, chiamata manna di san Catello. Questa manna, nel 1623 salvò il convento dei Gesuiti da un’alluvione e aiutò molti ammalati.

Svariati episodi vengono narrati sui miracoli avvenuti grazie al Santo, soprattutto quello legate all’eruzione del Vesuvio o alla protezione della città da diverse alluvioni.

La figura del vescovo è così radicata nella popolazione che l’effige del Santo, insieme ad altri santi, viene posta sulla prua di ogni nave che viene varata nel cantiere navale di Castellammare di Stabia.

Montella: La sagra della Castagna IGP

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Montella Piazza BartoliA Montella, comune della provincia di Avellino, ogni anno viene celebrata la sagra della castagna; prodotto ortofrutticolo a cui è stato assegnato la sigla IGP.

Nei primi giorni di Novembre ogni anno la cittadina di oltre 7000 abitanti si prepara ad accogliere una moltitudine di turisti giunti nella zona della “storica Irpinia” per partecipare alla “Sagra della Castagna di Montella IGP” giunta alla 37ª edizione.

La prima festività fu infatti organizzata nel 1977, mano a mano divenne sempre più grande fino ad ospitare ben 190 stand ( con espositori di castagne e prodotti tipici dell’Irpinia, quali: tartufo, formaggi, crepes alle castagne, dolci, etc.).

Durante la sagra, l’ospite viene allietato da eventi musicali, da visite per le vie cittadine di Montella e delle sue meravigliose attrazioni architettoniche.

La festività dedicata alla castagna locale si protrae per tre giorni, di solito dura quindi dal venerdì alla domenica con un programma molto fitto di eventi che intrattengono il pubblico.

Montella e la castagna: Cenni Storici

“ […] a Montella vi si respira buon’aria e si raccolgono in abbondanza castagne, noci e nocelle […]”

Così scriveva Giustiani nel ‘700 sulla castagna di Montella.

Secondo alcune fonti storiche, la castagna sarebbe arrivata sul territorio dall’Asia Minore tra il VI e V secolo a.C.

Durante il periodo della dominazione longobarda (circa 571) fu emanata la prima legge sulla tutela del frutto che nella regione dell’Irpinia, grazie alle favorevoli condizioni climatiche, cresceva rigoglioso.

Il frutto nel 1987 ha ricevuto la Denominazione di Origine Controllata (DOC) e nel 1992 la Commissione UE ha attribuito alla Castagna di Montella il riconoscimento di Indicazione geografica protetta (IGP).

Fu così tutelata l’area d’origine del prodotto ortofrutticolo e la sua stessa produzione.

Nella cittadina di Montella è stato istituito un Museo dedicato proprio al frutto che ha reso il paesino famoso in tutta Italia e oltre. Il “MUSEO DELLA CASTANICOLTURA”  (Via Torre, 20, 83048 Montella AV ) è costituito da una collezione di varie famiglie, nato dalla necessità preservare gli oggetti ed il patrimonio culturale collegato alla raccolta, lavorazione e conservazione della castagna.

La collezione etnografica del museo raccoglie gli attrezzi collegate alle varie fasi della lavorazione del castagno contando oggetti  risalenti dalla metà del Settecento alla metà del Novecento.

Un modo ricreativo e suggestivo per arrivare a Montella è quello di viaggiare con il treno Irpinia Express, la locomotiva storica che viaggia alla scoperta delle magnificenze enogastronomiche dell’Irpinia.

Video della 36ª edizione:

https://www.facebook.com/1534416246775174/videos/2124296150936842/

Per ulteriori informazioni contatta la pagina facebook della sagra

Un’antica tradizione stabiese: “Fratiell e surelle”

Non tutti conoscono un’antichissima e singolare tradizione stabiese. Si tratta di “Fratiell e surielle”, un atto di fede nei confronti della Immacolata Concezione che si tramanda di generazione in generazione.

Fratielle e surelle “‘o Rusario ‘a Madonna! ogge è ‘a primma stella d’ ‘a Madonna”

Ogni anno, a partire dal 26 novembre, per 12 giorni consecutivi, fino all’8 dicembre, in diversi rioni stabiesi si sente riecheggiare, alle prime ore del mattino, un canto che altro non è che una novena alla Vergine Maria.

Ad ogni sorgere del sole, il cantore, accompagnato da un piccolo corteo,  intona un antico canto in cui i giorni vengono chiamati “stella” (probabilmente in riferimento alle stelle della corona indossata dalla Vergine Maria).

« “Fratielle e surelle,‘o Rusario ‘a Madonna! ogge è ‘a primma stella d’ ‘a Madonna!” » (Fratelli e sorelle, il Rosario alla Madonna, oggi è la prima stella della Madonna) è il canto intonato il primo giorno e poi, “a seconda stella, a terza stella” e così via fino ad arrivare al giorno dell’Immacolata in cui il canto inizia così:

« “Fratielle e surelle,‘o Rusario ‘a Madonna! Ogge è ‘o nommo bello d’ ‘a Madonna!” » (Fratelli e sorelle, il Rosario alla Madonna. Oggi è il giorno in cui ricorre il nome della Madonna).

Origini di Fratiell e surelle

Si narra che questo atto di fede nei confronti della Madonna sia nato dal voto fatto da un pescatore (tale Luigi detto “Chiavone”) rimasto incappato in mare a causa di una furiosa tempesta. Il pescatore, unico superstite dell’equipaggio, temendo di morire, promise alla Vergine Immacolata che se gli avesse salvato la vita, le avrebbe dedicato ogni anno una Novena.

Grossi falò

Oltre al canto, la sera del 7 dicembre, il giorno della vigilia della festa dell’Immacolata Concezione, in diversi quartieri di Castellammare di Stabia era usanza (negli ultimi anni è stato vietato) accendere grossi falò perché sempre secondo la tradizione, fu grazie alla presenza dei fuochi sulla costa che il marinaio riuscì a raggiungere la terraferma.

Secondo un’altra versione, invece, i fuochi richiamerebbero il falò che venne acceso sulla spiaggia per riscaldare il marinaio infreddolito miracolosamente  scampato alla tempesta.

Fratiell e surelle: Il valore della gratitudine

Fratiell e surelle è la voce di un popolo, di una città che nonostante le ferite inferte, continua ad avere fede, continua ad avere la speranza di un futuro migliore e soprattutto che conosce il valore della gratitudine.

Negli ultimi anni però, in merito a questa antica tradizione sono sorte numerose polemiche. I cittadini stabiesi non rinnegano la tradizione, ma lamentano il fatto che a risvegliarli non è solo ed esclusivamente il canto, ma il frastuono di petardi e degli strumenti di bande musicali di paese, elementi aggiunti negli anni dagli organizzatori delle novene di quartiere.

Petardi e bande musicali alle 4 del mattino, beh! una vera sfida per la pazienza di tanti. Siete d’accordo?

Inaugurato il Museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi”

Stabiae – Inaugurato il Museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi”

Il Museo Archeologico  di Stabia “Libero D’Orsi” è il nuovo spazio museale dedicato all’esposizione di numerosi e prestigiosi reperti archeologici del territorio stabiano.

Inaugurato pochi giorni fa negli storici ambienti della Reggia di Quisisana, il Museo Archeologico “Libero D’Orsi” conta già un consistente numero di visitatori richiamati non solo dalla bellezza della storica dimora, ma anche dal fatto che in esposizione ci sono reperti che per la prima volta vengono mostrati al pubblico.

Nelle sale della Reggia sono, infatti, esposti preziosi reperti frutto di ritrovamenti nell’Ager Stabianus, grazie agli scavi effettuati da Libero D’Orsi, a cui è stato intitolato il museo.

Libero D’Orsi: scopritore delle Ville Romane di Stabiae

Libero D’Orsi (1888 – 1977) è stato preside e ispettore onorario alle antichità. Nel 1950, avviò gli scavi in tutta l’area stabiana.  Fu grazie alla sua tenacia che riaffiorarono le Ville Romane che oggi richiamano tanti visitatori e fu grazie al suo amore per la storia della sua città che i reperti riemersi furono ben custoditi e oggi possono essere ammirati nei corridoi della Reggia in 15 sale espositive che in sequenza raccontano la storia di Stabiae partendo proprio dagli Scavi borbonici ripresi successivamente da Libero D’Orsi.

Stabiae, terra felix

L’obiettivo del percorso museale è offrire un quadro complessivo di Stabiae e dell’Ager Stabianus dall’età arcaica sino all’eruzione del 79 d.C. ricostruendo una nuova narrazione di Castellammare di Stabia, terza città sepolta (con Pompei ed Ercolano) dal Vesuvio.

Affreschi, pavimenti in opus settile, stucchi, sculture, terrecotte, vasellame da mensa, oggetti in bronzo e in ferro, che testimoniano la vita quotidiana nelle ville romane d’otium e nelle ville rustiche.

I romani scelsero il territorio stabiese per il loro ‘otium’ (tempo libero): Stabiae rappresentava il luogo ideale. Offriva aria salubre, una vista esclusiva sul Golfo di Napoli, acque termali di  ben 28 diverse sorgenti con prestigiose proprietà curative utilizzate come rimedio per ogni male. Insomma un territorio unico nel suo genere.

Anche Carlo III  di Borbone scelse Castellammare di Stabia ed in particolare la collina di Quisisana per gli stessi motivi: un luogo salubre dove poter ammirare il più bel panorama del Golfo di Napoli. Oggi la Reggia di Quisisana voluta da Carlo III è il più antico sito reale borbonico.

Museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” – Tutte le info

Con l’apertura del Museo Archeologico di Castellammare di Stabia è in programma la valorizzazione dell’intera l’offerta culturale stabiese. Sarà, infatti, ampliato il circuito archeologico dell’antica Stabiae che comprende anche i siti visitabili gratuitamente di Villa San Marco e Villa Arianna.

 

Inaugurato il Museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi”: prezzi, orari e date

Quando: aperto tutti i giorni con orari estivi: 9.00 – 19.00 (ultimo ingresso 18.00) invernali: 9.00- 17.00 (ultimo ingresso 16.00) – chiuso il Martedì

Dove: Reggia di Quisisana a Castellamare di Stabia (NA)

Prezzo biglietto: intero: € 6.00 (+ € 1.50 su prevendita online) ridotto: € 2.00 (+ € 1.50 su prevendita online). Il biglietto di ingresso è acquistabile sul sito Ticketone.

Contatti e informazioni: Sito ufficiale

 

Questa e tante altre informazioni sulla costiera sorrentina e su quella amalfitana le trovate su www.ilovecostiera.com.

Tramonti, “la Porta del Paradiso” – Trekking in Costiera Amalfitana

Tramonti, borgo autentico dall’anima green, è il luogo ideale per far riposare l’anima, tant’è che i viaggiatori dell’Ottocento vollero dargli l’appellativo di “Porta del Paradiso”.

Tramonti, suggestivi percorsi tra le montagne della costiera amalfitana

Scoprire Tramonti significa anche percorrere i sentieri che si snodano lungo i Monti Lattari, passeggiare tra gli antichi casali che compongono il paese e gustare le tante specialità enogastronomiche della zona.

Per gli appassionati di trekking Tramonti offre diverse alternative:

  1. Il Sentiero delle 13 Chiese – Il percorso delle 13 chiese attraversa 11 dei 13 borghi e consente di far visita a 13 antichissime chiese, di origine medioevale. Trattandosi di un percorso ad anello, può essere iniziato da uno qualsiasi dei borghi da esso attraversati.
  2. Le Formichelle – Rispetto al sentiero delle 13 Chiese, questo percorso presenta qualche difficoltà in più. Il sentiero prende il nome dalle infaticabili donne che, come “formichelle” trasportavano, tra i vari terrazzamenti, pesantissime sporte in legno cariche di limoni. Un durissimo lavoro che  ha permesso di rendere marchio Igp lo “Sfusato amalfitano” , il gustoso limone della Costiera.Il sentiero che porta dalle colline dell’entroterra al mare trasuda storia e cultura.
  3. Il “Sentiero di Monte Finestra” è consigliato a chi ha gambe allenate. E’ un’escursione non facile, ma ripaga dalla fatica offrendo un panorama paradisiaco che abbraccia la Divina Costa, Cava de’Tirreni, il Golfo di Salerno, la Valle del Sarno con il Vesuvio come sfondo.
  4. Il “Sentiero del Monte Cerreto” da Angri giunge a Tramonti;anche per questo occorrono gambe allenate.

Non solo trekking

Per chi ama coniugare i piaceri della montagna a quelli enogastronomici, a Tramonti vengono spesso organizzati “percorsi del vino”.Si possono percorrere suggestivi e profumati sentieri andando alla scoperta delle centenarie vigne del Tintore.

Durante la notte di San Lorenzo (il 10 agosto), poi,  si svolge “Calici di Stelle”. un evento nazionale che coinvolge migliaia di visitatori. Tra danza, poesia e musiche inneggianti il tema di Bacco, si brinda gustando vini locali abbinati ai prodotti tipici del territorio.

Il successo della pizza di Tramonti

Tramonti ha ottenuto la certificazione D.O.C per il vino prodotto dalle sue uve locali, ma ha anche la De.Co. (Denominazione Comunale) per la sua tradizionale pizza.

La tradizione della pizza a Tramonti ha origini antichissime; si tratta di una preparazione diversa da quella della pizza napoletana che privilegia l’utilizzo di pomodori scelti del territorio, dell’olio Dop delle Colline Salernitane e della mozzarella Fior di Latte di Tramonti, quest’ultimo altro fiore all’occhiello di Tramonti.

A rafforzare l’unicità della Pizza di Tramonti, negli ultimi anni è stato recuperato anche l’antico pomodoro fiascone che veniva utilizzato per condire le pizze di un tempo e che stava rischiando di essere quasi completamente perduto.

Tra le eccellenze delle produzioni di Tramonti certo non può mancare all’appello il tradizionale e gustoso limoncello.

Il Fior di Latte, la tradizione casearia dei Monti Lattari

Il Fior di Latte dei Monti Lattari

Il  Fior di Latte è un formaggio fresco a pasta filata prodotto esclusivamente con latte vaccino. Famoso in tutto il mondo, ma quello originale è  prodotto, da diverse generazioni, sui Monti Lattari. Non è casuale il nome delle catena montuosa che costituisce l’ossatura della penisola sorrentina.

Spesso viene erroneamente chiamato “mozzarella” – la tecnica di produzione è la stessa; la  differenza sta nel latte. Quello utilizzato per la produzione della mozzarella è latte di bufala campana; quello, invece, utilizzato per la produzione del “Fior di latte” è latte di vacca crudo.

A differenza della mozzarella,  è privo di crosta; è ricoperto da una sottile pellicola liscia e lucente, di colore bianco latte e  al taglio, o esercitando una  leggera compressione, rilascia la classica “goccia” a dimostrazione della sua freschezza e naturalezza.

Si consuma freschissimo. E’ ottimo accompagnato da prosciutto crudo o per arricchire le insalate come la “caprese” realizzata con pomodori di Sorrento, fior di latte, basilico e un filo di buon olio extravergine d’oliva di produzione locale.  Per la sua versatilità, questo tipo di formaggio è molto utilizzato per cucinare.

Il Fior di Latte è riconosciuto come specialità tradizionale garantita (STG) di Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Molise, Sicilia e Lazio. Infatti, è stato ufficialmente inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).

Si narra che nel 1889, in occasione della visita a Napoli del Re Umberto I e della Regina Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito nel creare la Pizza Margherita (fino ad allora inesistente), utilizzò proprio il Fior di Latte dei Monti Lattari per omaggiare i reali.

Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti; la pizza Margherita, diffusa in tutto il mondo in tutte le sue varianti, è diventata il simbolo per antonomasia del patrimonio culturale e culinario ed il Fior di Latte, grazie all’estro dei maestri caseari si è evoluto cambiando pezzatura e forma: trecce, bocconcini, ciliegine e i più moderni bites.

Linea 3M – La linea bus che collega tre luoghi di interesse culturale

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Linea 3M – La linea bus che collega  la collezione del Farnese, il Mann e le catacombe di San Gennaro

Nasce la Linea 3M,  che collegherà il Museo e il RealBosco di Capodimonte , il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) e le Catacombe di San Gennaro.

Il nome 3M è stato scelto perché collega i tre importanti musei cittadini e siti culturali sulla collina dell’arte.

Un percorso realizzato attraverso il lavoro sinergico del Comune di Napoli e l’Anm; con l’intento di collegare alcuni dei punti cardine, per prestigio culturale, della città partenopea.

Il pubblico potrà usufruire di questo servizio a partire da sabato, 12 Settembre 2020, con corse ogni 15 minuti.

La linea verrà effettuata, tutti i giorni tra le ore 7 e le 20 circa (ultima partenza dal Museo e Real Bosco di Capodimonte-Porta Miano ore 20.05) con un minibus di recentissima acquisizione.

Il Museo e Real Bosco di Capodimonte avrà due fermate: Porta Miano (capolinea) e Porta Piccola, con un’ulteriore fermata intermedia su via Miano.

Il percorso circolare prevede fermate a Corso Amedeo di Savoia, via Santa Teresa degli Scalzi, via Pessina, via Conte di Ruvo, via Costantinopoli, piazza Museo e ritorno verso Capodimonte.

Linea 3M

Così è stato commentato il progetto dal  vicesindaco con delega ai Trasporti Enrico Panini:

“Visitare Capodimonte, scoprire il Bosco, e poi tornare in centro, nelle sale del Mann, e addentrarsi nel profondo della Napoli antica delle Catacombe, sarà ora possibile prendendo i bus dedicati Anm.

Lavoriamo perché chi visita Napoli porti con sé la meraviglia, ma anche la comodità di una città amica dei visitatori”

Collegamenti da e per la Costiera Amalfitana

I principali punti di collegamento per raggiungere la Costiera Amalfitana sono Napoli, Sorrento e Salerno. I mezzi pubblici che arrivano in Costiera sono gli autobus SITA e, in estate, i traghetti e gli aliscafi.

DA NAPOLI

ALIBUS – COLLEGAMENTI DA NAPOLI (DALL’AEROPORTO E DALLA STAZIONE FERROVIARIA)

Alibus da Aeroporto di Capodichino a Stazione Centrale e Porto

Alibus da Stazione Centrale (Piazza Garibaldi) verso Porto

Alibus dal Porto all’Aeroporto di Capodichino

Alibus da Stazione Centrale all’Aeroporto di Capodichino

Una volta giunti alla Stazione Centrale di Napoli-Piazza Garibaldi, seguire le indicazioni per la Circumvesuviana – EAV (la linea metropolitana regionale) e prendere il treno direzione Sorrento.

CIRCUMVESUVIANA – EAV

Orari treni da Napoli a Sorrento e da Sorrento a Napoli

 

BUS – COLLEGAMENTI DA NAPOLI AEROPORTO A SORRENTO

Bus Aeroporto Capodichino (Napoli) – Sorrento

Bus Aeroporto Capodichino (Napoli) – Sorrento (pdf).

Alla stazione della Circumvesuviana di Sorrento c’è la fermata degli autobus Sita diretti a Positano-Amalfi.

 

AUTOBUS SITA: Collegamenti SORRENTO-POSITANO-AMALFI

Gli autobus SITA collegano i vari paesi della Costiera Amalfitana con Sorrento, Salerno e Napoli. Di seguito la tabella con gli orari della  stagione in corso aggiornati in base alle comunicazioni della compagnia SITA.

Orari autobus SITA

 

TRAGHETTI ED ALISCAFI

Tratte e orari aggiornati. Da aprile Ad ottobre le corse sono molto più frequenti.

Orari traghetti ed aliscafi da Sorrento per Amalfi

IN ALTERNATIVA

In alternativa, anziché partire da Sorrento, per raggiungere  la Costiera Amalfitana si può partire da Salerno dove prendere l’autobus diretto per Amalfi o prendere un traghetto per Amalfi e Positano.

Orari autobus da Salerno ad Amalfi

Orari traghetti ed aliscafi da Salerno per Amalfi

Dove dormire a Vietri sul Mare

Ecco dove poter alloggiare e dormire a Vietri sul Mare, primo borgo dal lato di Salerno della costiera amalfitana.

A Vietri sul Mare, località molto importante per i residenti di Salerno e provincia per la facilità di accesso alle spiagge pubbliche e private, oltre ad essere dotata di una bella e grande villa comunale (considerati gli spazi della costiera amalfitana), è possibile sostare in tante trattorie e ristoranti dalla cucina tipica.

Borgo di pescatori, Vietri sul Mare è molto rinomata nel mondo per la sua altissima qualità artigianale nelle settore delle ceramiche. Le ceramiche vietresi sono conosciute in tutto il mondo e sono ricercate per la loro alta qualità oltre che bellezza.

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Tutto quello che c’è da sapere per il turista a Vietri sul Mare

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Dove dormire a Tramonti

Ecco dove poter alloggiare e dormire a Tramonti, borgo campano situato nel centro dei Monti Lattari e all’inizio della costiera amalfitana.

A Tramonti, località molto rinomata per i prodotti tipici locali, quali il vino ed i prodotti caseari,  oltre ad un’ottima tradizione pasticcera e arte della pizza, ci si arriva attraverso il Valico di Chiunzi, strada storica nel cuore dei Monti Lattari.

In estate abbondano sagre di paese e processioni religiose.

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Dove dormire a Scala

Ecco dove poter alloggiare e dormire a Scala, borgo situato a 400 metri sul livello del mare della Costa d’Amalfi.

Insieme a Ravello rappresentava un baluardo a difesa della Repubblica Marinara d’Amalfi in epoca medioevale. Oggi, Scala è un piccolo borgo, bellissimo e che si affaccia in maniera incantevole sulla costiera amalfitana.

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Dove dormire a Ravello

Ecco dove poter alloggiare e dormire a Ravello, borgo situato in collina e che sovrasta in maniera incantevole l’intera costiera amlfitana.

Ravello è uno dei borghi più belli della costiera amalfitana ed è caratterizzato da bellissime ville e da un panorama che tutto il mondo invidia. In estate il concerto all’alba è uno degli eventi musicali più importanti al  mondo.

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